Aggiornamento in tempo reale sulla situazione relativa alle varianti del virus Covid-19. Allo studio il comportamento delle mutazioni riscontrate finora.
Nulla di certo sulla relazione tra varianti del Covid-19 e inefficacia di test, tamponi e terapie vaccinali. La dottoressa Antonia Ricci, Direttrice dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, risponde con cautela alle domande dei giornalisti nel corso dell’ultimo incontro con la stampa del Governatore del Veneto, Luca Zaia, e delle autorità sanitarie. Al centro dell’attenzione vi sarebbe lo studio effettuato dal professor Andrea Crisanti sul rapporto tra test antigenici e varianti.
Che relazione tra varianti e test?
“E’ un lavoro che confronta i risultati dei tamponi rapidi e dei molecolari su 1.441 pazienti – spiega la dottoressa Antonia Ricci -. In questa casistica vengono riscontrati 18 casi incongruenti, in cui il tampone molecolare è positivo, e il rapido è negativo. Solo 12 di questi vengono poi studiati ulteriormente, perché solo in 12 casi il test molecolare era senza dubbio positivo e non presentava alcun margine di errore. Di questi, 8 sono stati sottoposti a sequenziamento completo, e su 3 campioni è stata ritrovata una doppia mutazione della proteina ‘n’, che potrebbe essere la causa del fatto che il tampone antigenico non è in grado di diagnosticarle, perché alcuni tipi di antigenici hanno come target questa proteina ‘n’”.

Dal sequenziamento delle varianti nessuna certezza
“In altri casi di mutazioni – prosegue la dottoressa Ricci -, è stata riscontrata contemporaneamente la positività di entrambi i test, quindi non è certo che queste due mutazioni siano effettivamente la causa della negatività del tampone antigenico. In particolare, secondo lo studio, l’utilizzo di questi test antigenici, che possono non identificare questa variante, sarebbe stata la causa dell’enorme incremento di casi in Regione Veneto (se non si riesce a vedere la variante con il test, essa è libera di propagarsi senza controllo).
In realtà, a partire da metà dicembre c’è stato un crollo nel numero di contagi di questa variante, cosa che testimonia come non vi sia un’evidenza dello studio. Il sospetto era corretto, ma non è stato poi convalidato dai dati effettivi. Noi stiamo conducendo uno studio su questo, perché è una questione estremamente importante e che va vista con attenzione. Sequenziamo il virus proprio per tener sotto controllo le varianti, perché è importante capire quali di queste possano rendere meno efficaci gli anticorpi, e anche quali possano sfuggire ai test diagnostici”.

Come procede lo studio sulle varianti
“In questi giorni abbiamo identificato nei campioni che ci arrivano da tutti i laboratori di microbiologia di Padova, la cosiddetta ‘variante indiana’. Si tratta di due cittadini residenti nell’ambito dell’Asl 7, che provenivano dall’India. Non si tratta di un’infezione autoctona che circola in Italia, ma di qualcuno arrivato dall’estero. È una buona notizia, consideriamo che oggi siamo uno dei Paesi che sequenzia di più al mondo. Da inizio epidemia l’Italia ha depositato più di 20 mila sequenze (G side), ed è al 10° posto tra i paesi che pubblicano più sequenze. Se vediamo i dati degli ultimi 3 mesi, l’Italia si posiziona al 5° posto: vuol dire che il sistema di sorveglianza funziona, ed è in grado di monitorare la situazione”.
“I virus cambiano continuamente, è importante guardarli e individuarli subito. Questa variante ci preoccupa relativamente, non mostra particolare contagiosità e non ci sono certezze rispetto alla sua pericolosità o capacità di sfuggire ai test o ai vaccini. Ha delle mutazioni in specifiche posizioni che ci fanno sospettare che, verso questa variante, gli anticorpi naturali o vaccinali possano essere meno efficaci. Non è ancora confermata questa caratteristica e potrebbe anche non esserci. Se fosse confermata, diverrebbe una delle varianti preoccupanti che devono essere controllate e contenute il più possibile. In India la situazione è gravissima, ma non ci sono correlazioni con questo tipo di variante quanto, piuttosto, con le condizioni sanitarie del Pase. Altra buona notizia è che nei Paesi in cui la vaccinazione è più avanti rispetto a noi (Israele, Inghilterra, Usa) ci dimostrano l’efficacia dei vaccini nel contenimento della pandemia“.
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Eva Franceschini
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