Gli esperti sono concordi: un adeguato riposo notturno è fondamentale per le prestazioni cognitive e per prevenire l’insorgenza di disturbi del metabolismo nei bambini e negli adolescenti
Secondo la SIP, Società Italiana di Pediatria, si calcola che nel mondo industrializzato il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni soffra di disturbi del sonno, mentre dopo i 6 anni e fino all’adolescenza la percentuale si attesta intorno al 10-12%.
Rispetto a cento anni fa i bambini nel mondo occidentale dormono in media 2 ore in meno. Le cause principali? I ritmi frenetici, l’aumento delle luci artificiali e l’utilizzo sempre più precoce degli strumenti elettronici hanno causato una discordanza tra quello che dovrebbe essere il ritmo sonno-veglia naturale del bambino e le esigenze sociali. I disturbi del sonno, aumentati soprattutto negli ultimi 20 -30 anni, possono avere effetti negativi sulla salute e sulla qualità della vita del bambino ma anche dei genitori.
Disturbi del sonno, i più comuni
I più comuni sono insonnia (20-30%), parasonnie (25%), disturbi del ritmo circadiano (7%), disturbi respiratori del sonno (2-3%), disturbi del movimento legati al sonno (1-2%), ipersonnie (0,01-0,20%). “I disturbi del sonno nel bambino si possono manifestare a diverse età – sottolinea il dott. Marco Angriman, neuropsichiatra infantile, Servizio di Neurologia e Neuroriabilitazione per l’età evolutiva, Ospedale Centrale di Bolzano – nella prima infanzia predominano difficoltà di addormentamento e risvegli frequenti, parasonnie (ad esempio pavor notturno o risvegli confusionali) o i disturbi respiratori del sonno (ad esempio sindrome delle apnee ostruttive), mentre nelle età successive possono comparire con maggiore frequenza disturbi del ritmo circadiano e disturbi del movimento correlati al sonno, e soprattutto in adolescenza, disturbi legati alla scarsa igiene del sonno, favoriti dagli stili di vita scorretti”.
Le cause
Possono coesistere molteplici fattori, da cause organiche a una cattiva igiene del sonno. Tra le prime hanno un ruolo importante i fattori genetici (studi sui gemelli e sulla familiarità hanno dimostrato, per esempio, una forte influenza genetica nell’insonnia) e l’ordine di nascita: alcuni studi riportano una maggiore frequenza di insonnia nei primogeniti e nei figli unici. Anche un’eventuale depressione materna può essere all’origine di una insonnia in un bambino: il 38% delle madri di “cattivi dormitori” ha sintomi nevrotici e/o depressivi, l’85% sentimenti ambivalenti nei confronti del bambino.

Gli errori di comportamento dei genitori possono, invece, manifestarsi durante i risvegli, tra questi la tendenza, per esempio, ad accorrere subito e a prendere in braccio il bambino sia all’addormentamento che durante i risvegli e l’abitudine alla condivisione del letto dei genitori. Un altro fattore molto importante è la modalità di alimentazione: i risvegli notturni a 6 e a 12 mesi sono più frequenti nei bambini allattati al seno: 52% contro 20% di quelli allattati artificialmente (verosimilmente legato all’allattamento a domanda, più frequente nei bambini allattati al seno).
Una cattiva qualità del sonno può comportare diversi disturbi che molti non attribuiscono ad una alterazione del sonno: ridotte performance scolastiche e problemi di apprendimento: il 28% dei bambini con insufficiente quantità di sonno si addormenta a scuola una volta a settimana; il 22% facendo compiti; il 32% è troppo stanco per fare sport.
- E ancora: sonnolenza, disattenzione, ridotta memoria di lavoro, scarso controllo impulsi e disregolazione del comportamento
- rischio traumi accidentali. Obesità, disturbi metabolici, predisposizione al diabete. Aumento rischio di sviluppare ADHD, disturbo oppositivo-provocatorio e disturbi depressivi. Fino ad arrivare all’adolescenza con abuso di alcool, cannabis e altre droghe, depressione, intenzioni suicidarie
Non ultimo è da considerare che il problema del sonno del bambino può avere ripercussioni su tutto l’ambito familiare determinando una scarsa salute fisica e mentale dei genitori, favorendo lo sviluppo di una depressione materna e un notevole stress familiare. E’ infine da considerare che molti casi di abuso al bambino e addirittura di infanticidio sono da attribuire alla deprivazione di sonno dei genitori.
Prevenire i disturbi del sonno si può: il progetto “Dormire bene per Crescere Bene” della SIP ha l’obiettivo di fornire ai genitori indicazioni utili per favorire una più corretta igiene del sonno dei bambini.
“Molto importante è la prevenzione nel primo anno di vita” – sottolinea Emanuela Malorgio, pediatra di famiglia SICUPP, esperta di problemi del sonno – “perché le abitudini errate acquisite in questo periodo renderanno più difficile avere un’autonomia di addormentamento anche negli anni successivi. Le tre regole d’oro nel primo anno di vita sono: far dormire il bambino sempre nella stessa stanza adeguatamente preparata, evitando di farlo addormentare in ambienti diversi; rispettare l’orario in cui va a nanna e dai 3-4 mesi di vita (cioè da quando compare la fase di addormentamento) dissociare la fase dell’alimentazione da quella del sonno, che vuol dire staccarlo dal seno o dal biberon quando si sta per addormentare e metterlo sul lettino. Le buone abitudini vanno consolidate durante la crescita”.
Le tecniche comportamentali dovrebbero rimanere la prima linea di trattamento dell’insonnia. Si ricorre, invece, a interventi farmacologici quando queste hanno fallito o se esistono delle difficoltà oggettive per applicarle. Ad oggi non esistono farmaci approvati per l’insonnia in età pediatrica, né dall’FDA né dall’EMA, e i dati in letteratura per valutarne l’efficacia sono carenti, soprattutto per aspetti metodologici.
Le 10 regole per il sonno dei bambini e dei loro genitori
- Rispettare l’orario della nanna tutte le sere. Abituare il piccolo sin dalla tenera età ad addormentarsi sempre alla stessa ora, adattando i ritmi della famiglia a quelli del bimbo e non viceversa (se si tiene sveglio il bambino perché il papà arriva tardi e vuole giocare si sposta in avanti tutto il suo sonno). Le buone abitudini vanno mantenute e consolidate nell’arco della crescita, variandole in base all’età.
- Far dormire il bambino sempre nello stesso ambiente (che sia la sua cameretta o nei primi mesi quella dei genitori) adeguatamente preparato, con luci soffuse senza device accesi, ed eventualmente con una musica dolce e monotona di sottofondo. Non farlo addormentare in ambienti diversi, come sul divano in sala mentre si guarda la televisione. Costruiamo e manteniamo gli stessi rituali di avvicinamento al sonno.
- Dissociare la fase di alimentazione da quella dell’addormentamento. Nei primi due o tre mesi di vita manca la fase di addormentamento, nel senso che non è possibile riconoscere con precisione quando il bambino sta crollando. Nei mesi successivi invece appena si notano alcuni segnali (non succhia più con forza, chiude gli occhietti) si deve staccarlo dal seno e metterlo nel lettino.
- Rispettare l’orario dei pasti durante il giorno. Anche se il bambino va al nido cercare di mantenere gli stessi orari del pranzo, merenda e cena, adeguando i nostri orari ai suoi.
- Mai usare il tablet o altri dispositivi elettronici dopo cena. Spegnere tutto almeno un’ora prima dell’addormentamento. La luce dei device riduce la produzione della melatonina che favorisce l’addormentamento. Mantenere tutti gli apparecchi elettronici, inclusa la televisione, il computer e il cellulare fuori dalla stanza da letto.
- Non dare troppo cibo o acqua prima di dormire. Evitare il latte o altri liquidi compresa la camomilla durante i risvegli, preferire piuttosto l’utilizzo di un oggetto consolatorio per riaddormentarsi, come il ciuccio per esempio.
- Regolare con attenzione l’esposizione alla luce. Per il sonnellino pomeridiano mantenere la luce dell’ambiente; ridurre l’esposizione il più possibile per la notte; potenziare la luce appena svegli. Il nostro ritmo sonno veglia, come quello dei nostri figli, è governato dall’alternanza della luce e del buio.
- Evitare sostanze eccitanti dopo le ore 16. No a tè, solo deteinato in caso, no a bevande contenenti caffeina e no alla cioccolata.
- Favorire un’alimentazione equilibrata. Con un adeguato introito di liquidi durante il giorno. Preferire cibi contenenti fibre e triptofano che è un precursore della melatonina, come carni bianche, pesce azzurro, verdure verdi, legumi e cereali.
- No ai bambini nel lettone. Dopo i primi 8/10 mesi di vita, abituarli all’autonomia vuol dire anche lasciarli dormire nel proprio ambiente. Nei casi di risveglio, riportarli sempre nel loro lettino. Un metodo che può funzionare è promettere un premio al bambino se non va nel letto dei genitori.

Anche la SIPPS, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, si esprime sul tema del corretto sonno per i più piccoli quale fonte di salute e benessere per tutta la famiglia.
“Il sonno – spiega la dott.ssa Elvira Verduci, componente del Consiglio Direttivo della SIPPS – è un processo fondamentale nella vita di ogni individuo e in età pediatrica contribuisce alla salute e alla crescita del bimbo. E’ recente l’ipotesi di una possibile associazione tra ridotta durata del sonno ed obesità. I cambiamenti dello stile di vita, con impegni legati soprattutto agli orari di lavoro, hanno reso comune l’abitudine di dormire meno”. Nel 2010 la National Sleep Foundation ha stimato che negli Stati Uniti la prevalenza di cosiddetti “short sleeper” (sonno notturno < 6 ore) si aggira intorno al 17-18%.
Un trend simile nella riduzione della durata media del sonno si è potuto osservare anche in età pediatrica. Il 45% degli adolescenti dorme meno di otto ore a notte ed un ulteriore 31% tra le otto e le nove ore a notte. I dati della letteratura non forniscono un concetto univoco di “normale durata” e “deprivazione” di sonno. In età pediatrica, per ridotta durata del sonno si intende una durata variabile tra le otto e le undici ore per notte a seconda degli studi. La tabella mostra i valori per definire i soggetti ”short sleeper” a seconda dell’età pediatrica considerata.
Categoria di “sleeper” | ||||
Età (anni) | Ore di sonno raccomandate | Shortest | Much shorter | Shorter |
< 5 | ≥11 | < 9 | 9-10 | 10-11 |
5-10 | ≥10 | < 8 | 8-9 | 9-10 |
≥ 10 | ≥9 | < 7 | 7-8 | 8-9 |
“Oltre alle classiche conseguenze di un ridotto riposo come sbalzi di umore, irritabilità e difficoltà di concentrazione – aggiunge il Dottor Paolo Brambilla, Coordinatore Gruppo di lavoro della SIPPS “Obesità e stili di vita” – la durata del sonno sembra essere associata a patologie croniche: non solo obesità ed insulino-resistenza ma anche diabete mellito di tipo 2, disturbi cardiovascolari ed aumentata mortalità.
La metanalisi degli studi pediatrici mostra come per ogni ora di sonno in più il rischio di sovrappeso e obesità risulti ridotto in media del 9%. Studi epidemiologici suggeriscono infatti che soggetti, sia adulti che bambini, definiti come “short sleepers” tendono ad avere un maggiore indice di massa corporea (BMI), una maggiore percentuale di grasso corporeo e una maggiore circonferenza della vita nei confronti di chi rispetta le ore di sonno raccomandate. Anche la regolarità, e non solo la durata media, del sonno sarebbe importante a fini preventivi”.
Per spiegare l’associazione tra diminuzione delle ore di sonno ed aumentato rischio di obesità sono stati ipotizzati diversi meccanismi. Tra questi:
- Aumento dell’appetito, dovuto ad un’alterazione dei neuropeptidi coinvolti nella regolazione dell’appetito stesso
- Aumento del tempo disponibile per assumere alimenti ricchi di calorie durante la giornata
- Stanchezza e riduzione dell’attività fisica
A tale proposito lo studio europeo HELENA ha osservato le abitudini nutrizionali, l’attività fisica e la durata del sonno di 3.311 adolescenti provenienti da 10 Paesi europei, tra cui l’Italia. Oltre a confermare la presenza di un BMI più elevato negli “short sleepers”, curiosamente nei soggetti in cui la durata del sonno era inferiore alle 8 ore per notte è stato riscontrato un aumento dell’appetito per i prodotti alimentari ad alto contenuto di grassi e carboidrati, come patatine, pizza e hamburger. Al contrario, la proporzione di adolescenti che consuma più frequentemente frutta, verdura e pesce è maggiore in chi dorme più a lungo (> 8 ore).

La minore durata del sonno riscontrata nei bambini con più alto BMI può essere legata alla vita meno attiva che essi conducono. D’altro canto, soggetti che dormono meno tendono a presentare maggiore sonnolenza diurna e maggiore astenia che li porta normalmente a ridurre l’attività fisica praticata durante il giorno. Potrebbe così determinarsi una sorta di circolo vizioso tra la ridotta durata del sonno e lo scarso dispendio energetico, in grado di autoalimentarsi.
Educare fin dai primi anni di vita non solo a corrette scelte alimentari ma anche a corretti stili di vita quali un’adeguata attività fisica ed un’abitudine regolare al sonno sia in termini di qualità che di quantità è la corretta base per avere un riposo adeguato nei più piccoli.
Non sottovalutiamo questo importante aspetto.
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Fonte: SIP e SIPPS
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