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Sepsi: un rischio gravissimo per i pazienti ricoverati, un fenomeno ancora troppo sottovalutato

La “sepsi” un fenomeno ancora troppo arginato e di cui se ne parla ancora in maniera appropriata. Si è riscontrato infatti che 7 pazienti su 10 rischiano un incidente di percorso durante il loro ricovero in quanto circa l’80% delle sepsi ha origine in luoghi comunitari. In tal senso, occorre attivare un’azione immediata di sensibilizzazione sulla sanità pubblica e territoriale. AMCLI – Associazioni Microbiologi Clinici Italiani rinnova, come ogni anno, l’impegno verso la grave emergenza “sepsi”. La sepsi colpisce circa 30 milioni di persone ogni anno e circa 6 milioni non sopravvivono all’infezione, tanto da essere riconosciuta tra le tre più frequenti cause di morte. “Il 13 settembre si celebra la giornata mondiale per la lotta alla sepsi. Questa battaglia si conduce tutti i giorni nei reparti ospedalieri e nei laboratori di Microbiologia di tutto il mondo. E’, infatti, una sindrome infettiva che più di altre richiede interventi di diagnosi e terapia rapidi. Si pensi che per ogni ora di ritardo diagnostico la mortalità aumenta del 7,6%. Doveroso quindi parlarne e fare fronte comune per contenere questa grave minaccia” afferma Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese. Va ricordato che la spesi, è una tra le infezioni più costose da affrontare, sia per le spese sanitarie, sia per i costi di ospedalizzazione. Inoltre, non tutte le Aziende Ospedaliere sono pronte ad investire per arginare il fenomeno. Succede spesso che i pazienti gravi arrivino tardi all’osservazione in pronto soccorso e in queste situazioni è molto difficile poter intervenire per curarli. Altrettanto carente è a tutt’oggi il ricorso ad uno degli strumenti diagnostici ritenuto il “gold standard”, ossia l’emocoltura. “Quando utilizzata, lo si fa spesso in modo inappropriato (non rispettando la corretta campionatura) e in ritardo rispetto alle tempistiche raccomandate cioè entro un’ora dal sospetto diagnostico. Questo dato emerge in modo preoccupante da numerose pubblicazioni internazionali e non ultima, una recente pubblicazione di un board italiano di esperti”, afferma Carla Fontana, Microbiologa di Tor Vergata-Roma e Coordinatore del Gruppo di Lavoro per le Infezioni nel Paziente Critico di AMCLI. “Molti clinici, purtroppo, ancora oggi sono convinti che i tempi dell’emocoltura siano troppo lunghi, e in questo giustificano lo scarso ricorso a questo prezioso strumento diagnostico. In realtà la nuove tecnologie, ci consentono, oggi, di giungere a diagnosi entro poche ore dall’arrivo del campione in laboratorio e questo ci permette di essere incisivi sulle terapie financo empiriche” aggiunge Clerici. Occorre investire nella diagnosi immediata di sepsi, aumentando da un lato la consapevolezza e la conoscenza del fenomeno nell’opinione pubblica e dall’altro creando dei percorsi diagnostico-assistenziali dedicati al paziente con sepsi. E’ infine importante agire anche sulla governance centrale e degli ospedali per far comprendere che concentrare le risorse economiche ed organizzative in questo ambito sia fondamentale per contrastare il fenomeno “sepsi” che come detto è un grave problema di sanità pubblica che riguarda tutti. Redazione   Fonte: Ufficio Stampa Aures Consulting   ©2019 RadioWellness®