Covid-19, variante Omicron torna all‘attacco
Sintomi più leggeri, incubazione più rapida. È sempre più chiaro l’identikit della variante Omicron 5, che anche in Italia fa aumentare i contagi Covid di oltre il 40%. Gli studi sulla nuova mutazione del coronavirus si susseguono, i dati vengono analizzati e il quadro si delinea. I sintomi, a differenza del Covid tradizionale, risultano più lievi e vari: dal raffreddore che ricorda i malanni stagionali, soprattutto dei bambini, alla dissenteria. L’incubazione invece, secondo uno studio americano, potrebbe svilupparsi in circa 72 ore.

Omicron 5, non abbassare la guardia
Gli elementi più recenti sono legati alla durata dell’incubazione e sono contenuti in uno studio pubblicato negli Stati Uniti dai Cdc (Centers for Disease Control and Prevention). Sono necessari solo 3 giorni prima che le persone mostrino i segni dell’infezione, diventino contagiose e risultino positive, secondo quanto emerge dal periodo di incubazione mediano osservato in un cluster formato da una famiglia di 6 persone. Sono trascorse circa 72 ore tra la prima possibile esposizione del caso 1 – un uomo di 48 anni non vaccinato, rientrato da una conferenza in Nigeria – e l’insorgenza dei sintomi.
Considerando che il periodo di incubazione mediano del coronavirus originario è stato descritto come uguale o superiore a 5 giorni, e risulta più vicino a 4 giorni per la variante Delta, i tempi di Omicron appaiono sempre più accelerati rispetto alle altre mutazioni. L’indagine condotta dagli autori del lavoro scientifico in questione ha evidenziato, tra l’altro, un paziente che si è reinfettato anche dopo vaccinazione completa, 4 pazienti che si sono reinfettati e uno al primo contagio.

L’osservazione del cluster al centro dello studio ha evidenziato una sindrome clinica simile o più lieve rispetto a quella associata a precedenti varianti. I dati e l’osservazione dei pazienti, praticamente in tutto il mondo, hanno permesso di approfondire e arricchire progressivamente le conoscenze.
Omicron 5, meno aggressiva ma comunque pericolosa
Le prime indicazioni sono arrivate dal Sudafrica e in maniera più massiccia dalla Gran Bretagna, ancora diversi mesi fa. I sintomi più comuni riportati e archiviati dall’app ZOE COVID, che si è trasformata in un prezioso archivio Oltremanica, sono stati: naso che cola, mal di testa, stanchezza con dolori muscolari, starnuti e mal di gola.
Vengono segnalati casi di nausea e diarrea. Rispetto alla versione ‘tradizionale’ del Covid, associato in particolare alla variante Delta, appaiono meno frequenti le segnalazioni alla perdita di olfatto e gusto, sintomi ‘spia’ della malattia nelle precedenti ondate.
I sintomi più lievi rischiano di essere confusi con sindromi da raffreddamento, quindi, molto comuni nei mesi invernali e decisamente diffusi tra i bambini. Il recupero dalle comuni malattie da raffreddamento avviene nel giro di 10 giorni, secondo i Centers for Disease control negli Stati Uniti. Le persone immunodepresse o affette da asma e patologie respiratorie, però, rischiano di arrivare a sviluppare malattie più serie, come la polmonite. Non abbassate la guardia, continuate con la disinfezione delle mani, e l’uso dei dpi.
I dispositivi per la protezione delle vie respiratorie, come le mascherine chirurgiche e le mascherine filtranti FFP2/FFP3, sono gli strumenti più efficaci nella lotta alla diffusione del nuovo ceppo di Coronavirus (SARS-CoV-2) grazie alla loro capacità di trattenere le particelle aerodisperse e di impedirne l’inalazione.
Non dimenticare i Dpi
Insieme a questi dispositivi, poi, risultano efficaci nel prevenire il contagio da Coronavirus anche alcuni dispositivi per la protezione degli occhi, come la visiera in plastica, e delle mani, come i guanti monouso, e altri strumenti di “controllo” o igienizzanti, come i termometri a infrarossi, il saturimetro ed il gel disinfettante. In ogni caso, tutti questi strumenti sono efficaci solo se usati sempre in abbinamento ai dispositivi di protezione delle vie respiratorie e rispettando la distanza di sicurezza.
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Redazione
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