
In Italia non mancano solo medici e infermieri, si profila una carenza di farmacisti tra chi lascia la professione e chi non la sceglie. Il fenomeno riguarda tutto il Paese. E le rappresentanze di categoria lanciano l’allarme
“Molti farmacisti negli ultimi anni hanno “appeso il camice al muro”. Hanno intrapreso altre carriere. Una questione di orario e di retribuzione”. Andrea Collesei – Presidente dell’Associazione Farmacisti Non Titolari e Consigliere dell’Ordine dei Farmacisti di Padova – riassume così il fenomeno della carenza dei farmacisti.
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La carenza, questione di orario e di retribuzione. Spunta l’opportunità dell’insegnamento
Negli ultimi due anni di pandemia – spiega il dott. Collesei – la mole di lavoro nelle farmacie è aumentata in maniera significativa e molti collaboratori hanno optato per altre carriere in libera professione, anche rinunciando all’iscrizione all’Albo per dedicarsi alla libera professione o all’insegnamento. Un dato che incide parecchio e molto dipende dall’orario di lavoro: le professioniste donne preferiscono avere più tempo per la famiglia, partecipano ai concorsi e scelgono la docenza che permette di lavorare al mattino e di avere il pomeriggio libero.
Un altro aspetto che scoraggia i farmacisti è di natura sindacale che include il lato economico, anche se è doveroso sottolineare che un anno fa il contratto collettivo nazionale è stato rinnovato con un ritocco dello stipendio. L’aspetto economico è senz’altro il punto in cui ci si sofferma di più ma sono comunque convinto che con i colleghi si possa trovare un punto d’incontro: incoraggiare, incentivare il collaboratore perché non rinunci e guardi ad altre opportunità. Questo è il quadro generale: orario e stipendio».
Come riportare i farmacisti in farmacia, importante presidio per la comunità? La formazione, una grande alleata.
«La farmacia è un punto fondamentale per il sistema sanitario –prosegue Collesei – specie per i cittadini e soprattutto dopo la pandemia, non solo per la capillarità dei presidi sul territorio ma anche per il rapporto di fiducia unico che il farmacista instaura con l’utenza. La farmacia va sempre più verso un approccio di servizio, per questo auspico che il farmacista venga sempre più considerato come una figura necessaria e portante del sistema sanitario.
In quale modo? Qui entra in gioco la formazione. A livello nazionale è calato il numero dei laureati passati da 5.000 all’anno prima delle pandemia a 4.700, almeno 300 di meno. La responsabilità è in parte degli atenei che puntano ancora su piani di studio superati rispetto alla figura del farmacista oggi richiesta. È necessario rivedere la formazione con nuovi corsi e aggiornamenti – conclude Collesei – un percorso di studi adeguato alla nuova figura di farmacista.»
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