Fase 2: ”Il modello diventa il Veneto”
Il professor Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità indica la regione come best practice. “Ha fatto molto bene – ha detto Rezza – ha fatto molti tamponi sul territorio. Modalità da replicare in tutta Italia”. Vuole essere molto chiaro l’epidemiologo Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss): “Nella Fase 2 ci vuole un cambio di passo – ha detto – e il modello diventa il Veneto. Ha fatto molto bene, ha fatto molti tamponi sul territorio, va fatto così in tutta Italia. Bisogna fare tamponi anche ad asintomatici e contatti stretti”. Tamponi di massa sono stati chiesti anche nell’appello rivolto alle autorità nazionali e regionali dall’immunologo Andrea Crisanti, dell’Università di Padova, dal presidente della Fondazione David Hume Luca Ricolfi e dal giurista Giuseppe Valditara, dell’Università di Torino, e sottoscritto da Lettera 150, l’associazione che riunisce i 150 docenti sostenitori della riapertura in sicurezza. “Se vogliamo – si legge nell’appello – che la imminente riapertura non sia effimera, se vogliamo evitare la chiusura di centinaia di migliaia di aziende, se vogliamo che milioni di lavoratori non perdano il posto di lavoro, occorre cambiare rotta. Bisogna iniziare subito a fare tamponi di massa”. Dopo il lockdown la riapertura segna una fase delicatissima nella quale nulla potrà essere lasciato al caso: test sierologici, tamponi, distanziamento e dispositivi di protezione restano misure irrinunciabili per riaprire in sicurezza. Sono però ancora molti i nodi da sciogliere, considerando che non è ancora stato fissato il livello di anticorpi oltre il quale si è protetti, che i test sierologici non possono essere diagnostici perché nella prima settimana dal contagio gli anticorpi non si sono ancora formati e che, poiché avere gli anticorpi non significa non essere contagiosi, i test dovranno essere accompagnati da un tampone.
Si guarda intanto al 18 maggio, quando potrebbero riaprire una serie di attività la cui ripartenza era stata prevista per l’inizio di giugno, come bar, ristoranti e parrucchieri. I dati della Protezione Civile confermano la discesa della diffusione del virus – con l’incremento dei contagiati totali mai così basso dal 10 marzo – e il governo valuta la possibilità che si possa accelerare ulteriormente il percorso della ripresa.
Con un punto fermo, però, nonostante la pressione dei governatori: si procederà con la massima cautela e prudenza, con un approccio differenziato a seconda della situazione in cui ogni Regione si troverà nel momento in cui andranno rivalutate le misure contenute nel Dpcm.
Le decisioni del governo terranno anche conto del nuovo report che il coordinatore della task force Vittorio Colao dovrebbe consegnare al premier la prossima settimana: gli esperti stanno ascoltando vari soggetti economici – dalle pmi alle banche fino alle categorie che non hanno potuto ripartire all’inizio della Fase 2 – per capire come rimodulare le misure e intervenire in quei settori ancora fermi, verificare cosa non funziona. Scelte da fare con la massima prudenza perché il rischio è di tornare indietro.
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