In Italia sono 50 mila i ragazzi con epilessia, e rappresentano il 10% del totale di chi soffre questa malattia.
L’epilessia è una condizione drammatica per chi la vive in prima persona, e per i famigliari dei pazienti. In Italia ne soffrono 50 mila ragazzi in età adolescenziale, e di questi quasi il 20% presenta anche sintomi depressivi. Negli adolescenti la presenza di una malattia cronica come l’epilessia ha un impatto enorme sulla vita e condiziona una delle fasi più delicate nella transizione dall’età infantile a quella adulta.

Epilessia, il tema della Transition
È stato questo il tema al centro del 44° Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE), svoltosi in modalità virtuale, e che quest’anno era dedicato proprio al passaggio programmato da un sistema di cure centrato sull’età pediatrica ad uno orientato sull’adulto.
Nella gestione di un paziente con malattia cronica una delle fasi più delicate è la transizione dall’età infantile a quella adulta. Essa comporta il passaggio di consegne pianificato dell’assistenza sociosanitaria dal neuropsichiatra infantile al neurologo, e contemporaneamente un profondo cambiamento delle esigenze del paziente più ancora sul piano relazionale che su quello clinico.
Molti adolescenti e giovani adulti in condizioni cliniche che limitano le loro abilità funzionali e compromettono la loro vita emotiva e sociale sperimentano difficoltà al passaggio dalle cure pediatriche a quella dell’adulto. Le strategie per questa transizione sono molteplici e coinvolgono diverse figure del team multidisciplinare.

“Le Epilessie – ha spiegato Laura Tassi, presidente della LICE – sono patologie che nella maggioranza dei casi esordiscono in età infantile o in quella adolescenziale. Quando colpisce gli adolescenti, impatta in una fase estremamente delicata della crescita personale, portando un grande cambiamento in una fascia d’età proiettata verso un futuro visto senza limiti. Il dover seguire una terapia farmacologica costante, rispettare gli orari e non poter aver accesso a tutte le attività a cui possono far riferimento i coetanei, può avere conseguenze anche di entità significativa. Gli adolescenti faticano ad accettare di avere una malattia cronica”.
L’epilessia, una patologia cronica
Essa è caratterizzata non solo da crisi ricorrenti, che possono cambiare nel corso del tempo, ma anche, nei casi più gravi e farmacoresistenti, da alterazione del comportamento, difficoltà scolastiche e sociali.
Secondo le principali evidenze scientifiche, infatti, i ragazzi con questa patologia presentano più frequentemente disturbi dell’umore o del comportamento, rispetto alla popolazione generale. Possono avere disturbi dell’apprendimento, difficoltà negli studi e nel trovare lavoro, ma anche difficoltà relative all’autonomia, all’immagine corporea, al gruppo dei pari, all’autostima e all’identità.

Epilessia, necessario un modello di passaggio
E’ quindi necessario prevedere un possibile modello di passaggio di cura dall’età evolutiva all’età adulta, che tenga conto della numerosità e della complessità delle problematiche connesse all’adolescenza. Tale processo è il momento in cui si prepara il ragazzo e la famiglia ad utilizzare appropriatamente i Servizi per adulti e si trasmettono le informazioni mediche, sociali, psicologiche e cognitive dal neuropsichiatra infantile all’epilettologo dell’adulto.
“Il primo passo – spiega Laura Tassi – è quello di identificare i professionisti in grado di prendersi cura di questi pazienti così particolari. Successivamente dobbiamo ottenere il coinvolgimento personale dei ragazzi. E poi va creata la stretta comunicazione fra gli specialisti dell’età pediatrica e dell’età adulta.
Il piano di intervento deve essere uno strumento operativo, integrato e sinergico, concepito in una logica di rete in grado di favorire coloro che, a causa della malattia, vivono situazioni particolarmente complesse come solitudine, emarginazione, limitazioni generate dalla persistenza delle crisi”.
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Redazione e Ufficio Stampa Gas Communication
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