Un gruppo di ricercatori convalida l’importanza dei dpi e della distanza interpersonale contro il contagio mentre si allarga l’obbligo di Green Pass per accedere ai servizi alla persona
Si allarga ancora, a partire da giovedì 20 gennaio, l’obbligo di Green Pass per accedere ai luoghi pubblici. La certificazione verde, di base o rinforzata, sarà necessaria per usufruire dei servizi alla persona: barbieri, parrucchieri, estetisti.
Per entrare nei saloni dei parrucchieri o nei centri estetici basterà anche esibire un Pass ottenuto con un tampone con risultato negativo fatto nelle 72 ore precedenti, in caso di molecolare, o nelle 48 ore precedenti, se si opta per l’antigenico. Ovviamente andrà bene anche un Green Pass da vaccinazione (rilasciato 14 giorni dopo la prima dose o dopo il completamento del ciclo vaccinale primario o ancora dopo la terza dose) o da guarigione da una precedente infezione da Covid-19. In questi due casi non sarà necessario fare anche un tampone.
La distanza previene il contagio, la conferma da una ricerca
Mantenere la distanza di almeno un metro da altri persone, e utilizzare mascherina e prodotti di sanificazione sono i fattori che, più di ogni altro, tutelano dal rischio di contagio da Covid-19. Ad evidenziarlo è un gruppo di ricercatori, guidato dal professor Francesco Picano del Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, che ha quantificato il rischio di contagio da Covid-19 in funzione della distanza interpersonale, condizioni ambientali di temperatura e umidità, e tipo di evento respiratorio considerato (parlare, tossire o starnutire), con o senza l’utilizzo di mascherine.
Le strategie per combattere il Covid-19, oltre all’utilizzo fondamentale del vaccino, si basano su lockdown più o meno totali, distanziamento interpersonale (1-2 metri), sanificazione di superfici e mani, o areazione degli ambienti. La revisione puntuale di queste modalità di profilassi è fondamentale per contenere la diffusione di questa e di altre future pandemie simili.
È bene ricordare che la scienza ha fatto sempre tesoro delle esperienze passate: negli anni successivi alla pandemia di influenza spagnola del 1918, la comunità scientifica studiò le strategie per evitare la propagazione dei virus, tanto che nel 1934, in una ricerca dell’americano William Firth Wells, furono definite le basi per lo studio della trasmissione aerea dei virus e del distanziamento sociale.

Il droplet cambia a seconda della distanza
I virus passano da un individuo infetto ad uno sano tramite la trasmissione di goccioline salivari emesse parlando, tossendo o starnutendo. Le goccioline in sospensione si possono depositare sulle superfici che diventano, quindi, il terreno di contagio una volta toccate dall’individuo sano. In questo caso si può contrastare la catena del contagio sanificando superfici e mani.
Il tema della trasmissione aerea è più complesso: le regole usate fino ad ora per evitare la propagazione sono state il distanziamento interpersonale, la capienza ridotta degli ambienti e le mascherine. Wells, come si è detto, distinse la trasmissione aerea in droplet o airborne/aerosol.
L’emissione di goccioline salivari avviene tramite la formazione di uno spray di goccioline spinto dall’aria espirata: nel loro moto le gocce evaporano, si depositano o restano sospese. Quelle più grandi e pesanti cadono prima di evaporare, mostrando un moto balistico (droplet), mentre le più piccole evaporano prima di cadere e tendono ad essere trasportate dal fluido (airborne).
Dal punto di vista pratico: la distanza di 1,8 metri è quella in cui le goccioline più grandi arrivano prima di cadere su terreno, mentre quelle più piccole, una volta evaporate, diventano minuscoli residui di materiale non-volatile capaci di rimanere sospesi nell’aria ed essere infettivi a lungo in ambienti chiusi non ventilati.

L’importanza della mascherina
Dallo studio pubblicato emerge che, senza mascherina, le goccioline infette emesse quando si parla possono raggiungere la distanza di poco più d’un metro, mentre starnutendo arrivano fino a 7 metri in condizioni di elevata umidità. Tali distanze, stimate dal modello, mostrano un pieno accordo con le più recenti evidenze sperimentali.
Non esiste, quindi, una distanza di sicurezza “universale”, in quanto essa dipende dalle condizioni ambientali, dalla carica virale e dal tipo di evento respiratorio. Ad esempio, considerando un colpo di tosse (con media carica virale) si può avere un alto rischio di contagio entro i 2 metri.
Distanza e dpi tutelano dal contagio
L’utilizzo della mascherina, chirurgica e ancor di più se FFP2, si dimostra essere un eccellente strumento di protezione abbattendo il rischio di contagio che diventa trascurabile già a brevi distanze, indipendentemente dalle condizioni ambientali o dall’evento respiratorio considerato.
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E.F.
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