La didattica a distanza: gli adulti stiano vicini ai giovani, per limitare i rischi psicologici
La DAD in sé non è un danno per i bambini, ma può esserlo il modo in cui viene gestita: a spiegarlo è Fortunata Pizzoferro, vicepresidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto. La Didattica a Distanza è uno strumento che, a seconda di come viene utilizzata, può rappresentare una risorsa o un elemento negativo.
La DAD, come gestirla al meglio
Nel 2020, la didattica a distanza e lo smart working sono stati utilizzati d’urgenza, da un giorno all’altro, senza una preparazione specifica e senza nemmeno la possibilità di verificare le adeguate dotazioni tecnologiche di studenti, professori e lavoratori.
“Il vissuto emotivo collegato al passato lockdown porta lontano dalle soluzioni, spingendoci verso una pluralità di giudizi relativi agli “effetti” della DAD – dice Fortunata Pizzoferro -. Senza dubbio ci sono degli evidenti rischi psicologici in una didattica a distanza organizzata male. L’esperienza precedente, con la chiusura improvvisa della scuola aspettando una riapertura poi posticipata all’anno scolastico successivo, ha lasciato negli studenti un vissuto di “ansia da abbandono”, il timore di perdere il contatto sociale sine die, un percorso didattico improvvisato e incerto”.
Passare a questa modalità di insegnamento senza preavviso, per gli insegnanti implica un’assenza di programmazione e l’idea che sia utilizzata solo in momenti acuti della pandemia non spinge a formarsi specificatamente nella gestione dell’aula a distanza.

Riorganizzazione della DAD, un patto formativo per dare certezze agli studenti
“È necessario, a nostro avviso, ri-pensare alla DAD – continua Pizzoferrob– come una forma di didattica non più eccezionale ma complementare, prevista e prevedibile: applicabile a rotazione per alleggerire il trasporto pubblico, con un calendario definito che possa permettere ai genitori un’organizzazione adeguata (come succede per i periodi di vacanze scolastiche), e dare agli studenti delle certezze (una data di inizio e una di rientro, conoscere quali attività si svolgeranno a distanza e quali al ritorno in presenza) all’interno di un patto formativo che coinvolga l’intero “ecosistema scolastico” (studenti, docenti, famiglie).
Pensare alla didattica a distanza come “risorsa” significa anche permettere, in futuro, a molti bambini con patologie lunghe o croniche, o ospedalizzati, di non perdere molti giorni di scuola, e di mantenere un contatto anche virtuale con la propria classe, con ovvi benefici psicologici.
In altri termini, non tutto ciò che ci ha portato il Covid è da buttare via solo perché associato all’esperienza drammatica della pandemia: ogni emergenza è anche un acceleratore di cambiamento sociale. Proviamo ad insegnare ai bambini che la vita è piena di imprevisti: sta a noi e poi a loro trasformarli in opportunità».

Progettare una didattica efficace
«Il Covid può essere paragonato ad un terremoto continuo – conclude Pizzoferro – e noi dobbiamo immaginare di vivere in zone altamente sismiche: le scosse sono previste, ma non è prevedibile quando si faranno sentire.
Per questo gli edifici vanno progettati, costruiti e messi a norma prima della scossa, non durante. Allo stesso modo, è necessario che nelle scuole vi sia una programmazione della didattica a distanza, per consentire ai genitori di organizzarsi al meglio e, al tempo stesso, favorire un equilibrio nei più giovani.
Leggi anche il nostro articolo “Covid-19: vaccino per i bambini, l’appello dei pediatri”
Eva Franceschini
Fonte immagini: Freepik
©2022 Radio Salute®